[1]«In veritá, piú componeva la sua opera, piú essa diventava immaginaria. Conosco solo uno strumento capace di avvicinarsi alla voce umana: il violino é una voce.
Ogni notte facevo lo stesso sogno.
Una donna veniva verso di me. Di lei non sapevo niente, niente del suo viso, niente del suo corpo. Ma la sua voce d’oro, che infestava le mie notti, mi trafiggeva il cuore ogni volta che la udivo.
Ogni notte, per anni, quel sogno si intrecciò ai miei sonni. Nel sogno mi ritrovavo a camminare in una città sconosciuta, poi, d’improvviso, svoltando in un vicoletto, udivo il canto di un violino. Mi lasciavo allora guidare da quella voce, camminavo per strade deserte, lustre di luna, aperte al sogno, e arrivavo ai piedi di un ponte di pietra che scavalcava un canale le cui acque immote riflettevano un volto mascherato. La donna che suonava era ferma a metà del ponte.
Mi dava la schiena. Io mi avvicinavo lentamente a lei e le toccavo la spalla, mentre la musica inghiottiva il mio corpo, la mia anima.
La giovane donna si voltava, e io scoprivo una cosa incredibile: non stava suonando il violino! Era lei il violino! Il suo corpo, tornito e morbido, aveva la forma di un violino. E la sua voce era il suono dello strumento, una voce così cristallina da sembrare sovrumana. Tra le mani teneva lo spartito di un’opera, e l’aria che cantava, quella musica meravigliosa, scaturiva da lei come una musica divina. A quel punto la donna apriva le braccia offrendosi a me, e, nell’istante in cui stavo per abbracciarla, ogni cosa – donna, violino, musica, sogno – spariva in un mare di fiamme.»


[1] Tratto da: Il violino nero, Fermine Maxence, Ed. Bompiani 2001
— Ph. Robert Hecht, Germany
© Tutti i diritti riservati

A proposito di:Lóu {2 idee 1 goccia d'enfasi}

{...} sarà inquietudine estetica, vorace istinto del nuovo per il nuovo in omaggio a un che di antico. E la forma? Mettiamo che sia la stanza a tenere tutto insieme. Intensità della vita in contrasto con l’immobilità. Prospettive. Le Nove Porte {...} é la luce ad arredare le stanze

5 commenti in “That dress” {en passant}

  1. A volte, navigando sott’acqua, si perde e ci si perde. Si lascia
    quel sentire terrestre per abbandonarsi aal droga del silenzio, dei fruscii
    che si connettono con la parte interiore come un medicamento
    atteso.
    Comunicare i sentimenti non è dettare una lettera pubblicitaria, è molto
    di più e costa tanto di più. Anche le lontananze si ridurrebbero se solo
    imparassimo a percepire i suoni dell’altro, a collegarsi emozionalmente
    senza barriere…ma significherebbe COMPRENDERE. Articolo raro,
    costoso e quasi introvabile.

    un abbraccio alato

    Leon

  2. Grazie per il tuo “riflettere” da me. Vedo che le cattive stimolano in un certo senso gli interrogativi di questa vita. Mi fa piacere, perchè v’è senso nel consenso.
    Una buona serata Angelika..

    Leon

  3. Ti rinnovo i ringraziamenti per i tuoi commenti.
    Non ho letto il libro, e non conosco l’autore/autrice.
    Però apprezzo il violino, come forma alta, in particolare
    ho avuto modo di sentire molto vicina a me la sua voce
    nelle numerose riscoperte dell’Inverno di Vivaldi.

    A risentirci, buon week end.

  4. Buongiorno,

    sarò sbrigativa poichè ho rallentato, in napoletano “intalliato” invece di fare chimica organica, mamma mia mi sta angosciando.
    Comunque comprerò il libro alla Feltrinelli appena mi trovo.
    E siccome siamo in balia dei consigli artistici, vai a vedere Agorà al cinema!

    A presto

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