Raggiunta la terraferma il ferry boat che porta i passeggeri, spicca la corsa e in un’altra mezz’ora si ferma sotto la città che vibra, sospesa e volante, fra cielo e mare: Taormina.

Da Scilla si vede Cariddi: è lì a portata di mano. La frusta di Alfio echeggia al di là del mare fra le gote dei monti della chiusa Calabria. Gridando un poco ci si può dare il buon giorno dal molo di Reggio a Messina. Lo stretto famoso ha la sonorità di un cortile. Un taxi s’è fermato sulla piazza del paese. Un signore è sceso e guarda intorno a sé. L’autista ha tirato giù dal tetto due valigie e le posa davanti alla locanda, saluta e riparte. Ora il signore parla con l’albergatore.
Quest’ultimo chiama il commesso e gli fa portare su le valigie – Il falciatore ha cessato di tagliare l’erba del prato, dietro la chiesa. La campana del paese suona le dodici. – Il viaggiatore si siede a un tavolo e divora in fretta il pasto che gli è stato preparato. Poi sale in camera e ne scende qualche ora dopo per spedire una lettera…

Taormina è una terra magica, prodiga e generosa, la città è un gioiello, la popolazione tutta sì fiera e gentile e bella da non credersi.
I miei occhi si allietano di mille scene incantevoli, vento caldo sulla pelle bruciata dal sole; i prodotti del suolo sono generati dal fuoco sotterraneo, così il vino, un elisir benefico, un toccasana, se lo bevi un poco alla volta.
Ho constatato ‘de visu’ che qui la geografia è la cosa più divertente che ci sia, mobilità di paesaggi e villaggi allegri e ridenti come la musica di Cimarosa – alti e bassi improvvisi e panorami ampissimi e lievi. Ma non tutto il mondo sa che qui c’e’ la pace immutabile come nel paradiso.
I fabbricanti di cannoni, i grandi spiriti affranti, gli artisti e tutti i ‘dottor Calligaris’ del globo, son qui in giacca bianca, coi sandali e ombrello, o le racchette da tennis, rinati e ringalluzziti nel sole e nella luce immensa della divina Taormina.

Ma Cherie,
l’aria mette vigore e l’atmosfera scintilla meravigliosamente.
Notalo Tesoro, la colonna sonora del nostro piccolo mondo è varia e diversificata. come i molteplici stati d’animo che ci accompagnano. Io parlo anche attraverso la mia musica e tu recepisci come se fosse quello il linguaggio universale, l’esperanto esiste nel nostro mondo. Guardami, guardami dentro, dove solo chi è eletto può vedere. Da zingaro quale mi ritengo vorrei rubare il tuo cuore per tutto il tempo che mi è concesso, senza fretta e senza regole, profumi di bacche rosse e retrogusto fruttato.
Questo sei tu per me, ed io mi ubriaco cullandomi nel tuo bouquet fiorato.
Bramo la tua essenza, ne sento la presenza, senza distinguerne i confini. Di te sento l’odore di animale selvatico, unito ad una vena di candido e pulito.. contrasto speciale di una persona speciale.

Sono parole scritte per te, piccole note sparse su uno spartito candido
..tu pergamena profumata di vaniglia
..io stilografica dal pennino d’oro

Je N’ en Connais Pas La Fin
{Even Peppi from Napoli he sang to Marie this serenade
«Ah, mon amour
A toi toujours
Dans tes yeux grands
Rien que nous deux…
Jeff Buckley, Originally performed by Edith Piaf »
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A proposito di:Lóu {2 idee 1 goccia d'enfasi}

{...} sarà inquietudine estetica, vorace istinto del nuovo per il nuovo in omaggio a un che di antico. E la forma? Mettiamo che sia la stanza a tenere tutto insieme. Intensità della vita in contrasto con l’immobilità. Prospettive. Le Nove Porte {...} é la luce ad arredare le stanze

6 commenti in “Serenade” {en passant}

  1. Cherie,

    ..ieri ho contato tutte le gocce del mio mare..

    ..senza trovarne due eguali..

    ..il tramonto ha dipinto di rosso questo cielo..

    ..ed ha fatto spazio alla passione..

    ..sogni & fantasie hanno danzato insieme..

    ..al ritmo sordo della risacca..

    ..uniche stelle la luna e te..

  2. alla fine non dici nulla, sei vuoto, il più assoluto.
    e questo blog è incasinato forse come la tua zucca.
    Non passare più dalle mie parti. Di puttane con il tuo gergo ne trovo quante ne voglio.
    Non ti ci voglio.

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