Passatempi che ci dicono di quello che è, e di quello che è stato, spesso che cercano di inventarsi quello che sarà. Se da qualche parte ci fosse una colpa per qualche mia assurda giornata, sarebbe forse un po’ loro, delle pagine lette e rilette, sulle quali sono tornato ingannato da storie che mi hanno fatto vagare per luoghi, impensabili prima, che non assomigliano per niente a questa città, oppure che di questi posti hanno tutto in comune e di questi tutta la gente, le loro parole, quelle vere e quelle inventate.
Ed io oggi lì ad andarmene in giro, senza ben capire se lo avevo già fatto nella vita reale, o se precedentemente mi era solo capitato di appassionarmi ad una storia, come la mia, contenuta magari tra due copertine di un’edizione economica, o forse vista all’aperto su uno schermo approntato durante la bella stagione, addirittura un prezzo ridotto per entrare, per evitare di trovare troppe seggiole vuote.
Tutto quello che ho fatto, quello che ho conosciuto, quello che ho trovato, mi ha portato qui, oggi. Tra queste cose, questi sentieri di inchiostro nero, simpatia che infondono per avermi detto, magari non tutto, ma tanto, questo sì, e non avermi negato di essere lasciata sola ad avere a che fare con quelle cose fuori da questa stanza.
I miei lavori in corso, quelli della mia anima e del mio cuore, non sono ancora terminati, e nessuno mi ha detto quanto ancora dureranno, se ci saranno ritardi o no, ma non importa, va bene così. É un’emozione forte, durerà a lungo, poi passerà.
[1] Dentro un raggio di sole che entra dalla finestra,
talvolta vediamo la vita nell’aria. E la chiamiamo polvere.
[1] Margherita Dolcevita, Stefano Benni
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